A.C. 3146-A
Presidente, grazie. Una premessa: questo decreto è stato reso necessario perché il nostro Paese, l'Italia, è riuscito ad avere oltre 300 miliardi dal cosiddetto PNRR o Recovery Plan o Next Generation EU che si voglia, ma per spendere queste importanti risorse, che sono sicuramente un traguardo e un cambio importante di prospettiva del nostro Paese e anche un riconoscimento da parte dell'Europa di un contributo alle Nazioni che escono da un anno e mezzo di pandemia, era necessario poter spendere questi soldi superando quelle che sono criticità purtroppo ataviche del nostro Paese. Però, per farlo bisognava conciliare, con equilibrio, la rapidità con cui si interviene con la tutela del territorio, fare, cioè, un'operazione che garantisse le tutele dei lavoratori e il rispetto della legalità. Alcuni numeri, però, io li voglio ricordare per fare una fotografia del nostro Paese, appunto, che era quella dalla quale venivamo e che molto spesso passa sotto il cappello indistinto di burocrazia. Continuare in questo modo non avrebbe avuto senso e non avrebbe portato a dei risultati. Invece, si è intervenuto chirurgicamente e, quindi, voglio ricordare questi dati. Per la valutazione di impatto ambientale nel nostro Paese c'erano 360 giorni e oggi sono 175. Ma vale la pena ricordare che nel nostro Paese, in Italia, in media per le opere pubbliche, le grandi opere pubbliche, i tempi di approvazione potevano arrivare a 16 anni. Voglio ricordare anche che, dai dati per l'impiantistica dei rifiuti, dal 2012 al 2020, con investimenti molto, molto importanti (oltre 155 miliardi per 1.841 infrastrutture), sono state spese veramente poche risorse rispetto a queste, perché per fare gli impianti anche in questo settore ci vogliono 4,7 anni di media e il 60 per cento di questo tempo è speso in attività di progettazione. Sono troppe nel nostro Paese le stazioni appaltanti - fino a 30.000 - e poco qualificate. Parliamo in questo tempo delle energie e della necessità di convertire il nostro sistema in energia rinnovabile. Ecco, per un impianto di energia rinnovabile nel nostro Paese fino ad oggi ci volevano dai 4 ai 6 anni. È evidente che così il motore si sarebbe inceppato e noi non possiamo permettercelo. Non possiamo permettercelo, perché il climate change non aspetta.
È sotto gli occhi di tutti quello che succede a livello di cambiamenti climatici per cui bisogna mettere mano a questo rapidamente, allo stesso tempo conciliando quello che è una transizione giusta, equa, che rispetti le persone, non lasci indietro nessuno e, soprattutto, che tuteli il nostro territorio. Questo provvedimento, pertanto, è un motore per spendere bene le risorse in tanti campi; un intervento ampio che riguarda appalti, il settore dell'ambiente, delle energie, le procedure partecipative e autorizzative. Devo dire che il lavoro fatto dalle 2 Commissioni e dal Parlamento è stato importante. Un lavoro di riequilibrio e di aggiustamento in un'operazione già chirurgica messa a fuoco dal Governo. È importante ricordare che, su 900 interventi emendativi proposti da questo Parlamento, 280 sono passati; significa che c'è stato un grande lavoro di cui voglio dare conto per sommi capi, in particolare soffermandomi su alcuni aspetti che necessitavano del nostro intervento. Voglio proprio partire dal dissesto idrogeologico. I soldi non mancano nel nostro Paese come, purtroppo, non mancano i fenomeni che si ripetono ogni fine estate e ogni autunno. La congiuntura di quello che è accaduto durante le ore in cui veniva esaminato il provvedimento proprio nelle Commissioni, quello che è accaduto in nord Europa, ci ha convinto ancora di più di quanto fossimo già convinti, tanto che abbiamo lavorato per molto tempo in Commissione ambiente ad una serie di audizioni sul dissesto idrogeologico. Ci sono 10 miliardi di risorse disponibili da qui al 2026. In questo momento non era possibile spendere e, quindi, per migliorare le prestazioni della macchina operativa per la prevenzione e per permettere di consolidarne il funzionamento, ci saranno dei commissari straordinari, che potranno ridurre della metà i termini per gli espropri. Era necessario intervenire; lo abbiamo fatto e diciamo che, anche in questo, abbiamo trovato la convergenza tra le forze politiche. Quindi, migliorare la quantità e la qualità di risorse tecniche e professionali che possano operare e dare una mano in quei momenti di emergenza, che, purtroppo, non sono isolati, prima di arrivare, speriamo un domani non troppo lontano, nella prevenzione, non solo nel recupero dei guasti fatti. Voglio soffermarmi anche sulle modifiche importanti fatte all'articolo 33, in particolare in tema di super e sisma bonus, cosiddetto 110 che, anche, in questo caso, il Parlamento ha saputo modificare e rendere più agevole. Io penso che le leggi siano passibili di essere modificate anche nelle migliori intenzioni, come è stato, gli strumenti molto giusti sotto molti profili, non solo quello ambientale, ma anche quello lavorativo e di ripresa di un settore in grande difficoltà come il 110, ascoltare e far ritornare nel Parlamento quelle che sono le tante istanze della messa alla prova delle nostre leggi sia precipuo compito del Parlamento, perché i parlamentari sono qui proprio ad ascoltare quelle istanze e a quelle istanze sono state date le risposte. Quindi, da oggi, con quelle modifiche apportate nelle molte ore di lavoro delle Commissioni, è chiaro che per procedere basterà una semplice CILA, c'è una comunicazione di inizio lavori e non più la SCIA, necessaria quando l'intervento riguardi elementi strutturali. Quindi, non ci saranno più possibili interpretazioni discrezionali; da oggi sarà anche ufficiale che non ci sarà più l'obbligo della dichiarazione di conformità urbanistica sia in caso di superbonus 110, sia in caso di sisma bonus; modifiche, appunto, non di dettaglio, oltre a tante altre che qui non mi dilungo a ricordare. Voglio ricordare anche che c'è un'intermittenza su quanti sono i territori del nostro Paese abbandonati o meno attenzionati; parliamo giustamente molto delle città del nostro Paese, ma noi vogliamo ricordare e dare voce - e questo ha fatto il Parlamento - anche alle aree montane e alle aree interne. Noi non li dimentichiamo e, quindi, abbiamo salvato quei 4,6 miliardi di euro, già previsti in legge di bilancio, che si potranno spendere in 5 anni. Saranno risorse che hanno quella destinazione, quella di non lasciare indietro nessuno, tanto meno adesso che c'è bisogno che ognuno partecipi ad un percorso che sarà lungo, ma che può cambiare il nostro Paese. Voglio anche ricordare che in questo concorso di forze sul cambiamento della Green Deal credo che la partecipazione di tutti, come abbiamo voluto e come in parte già scritto e previsto nel PNRR e nel testo presentato dal Governo, non sia secondaria al tema della governance.
Una governance - lo ha ricordato anche stamani il mio collega Ceccanti - che noi abbiamo previsto partecipata non solo dal Parlamento ma anche tutte le forze del Paese. Io credo che, quindi, sia stato importante e non solo simbolico, anche prevedere che nelle strutture di governance previste in questo decreto, abbiamo voluto introdurre la parità di genere. Perché non basta dire che le donne nella pandemia sono state quelle che sono state più colpite e che si sono messe anche più al servizio, se poi ce ne dimentichiamo nei momenti decisionali, non è un fatto solo simbolico questo. Posso convenire moltissimo con quello che ha detto il collega Bond questa mattina, soprattutto sull'agrivoltaico. Ecco, io credo che noi dobbiamo andare avanti a passi spediti, però con la giusta cautela, che non significa perdere tempo, ma significa anche non perdere il nostro paesaggio. Quindi, sarà nostra cura, oltre agli interventi parzialmente mitigativi apportati in sede emendativa, essere molto chiari su quali siano le zone prioritarie dove noi investiremo sulle energie alternative.
Perché se è chiaro che il passo deve essere molto veloce e rapido, è chiaro che ci sono tanti luoghi da recuperare come è previsto dal decreto: parlo di zone bonificate, parlo di zone e di aree industriali. È chiaro che è più semplice mettere i pannelli fotovoltaici nel settore agricolo, ma è chiaro anche che questo può prestarsi a delle speculazioni, che noi non accettiamo e pensiamo che, invece, facciano parte proprio del nostro Paese. Pertanto, saremo molto attenti e arriverà tra qualche tempo nella applicazione della RED 2, quindi, in quella sede speriamo di poter intervenire garantendo esattamente qual è un equilibrio che per noi è importante. Credo, quindi, che, con l'approvazione di questo decreto, noi segniamo un deciso passo avanti fatto di tre pilastri. Il primo è essere riusciti ad ottenere le risorse che il Paese merita per poter fare questi grandi passi. Il secondo sono le regole di semplificazione o meglio di accelerazione con una governance precisa e il terzo pilastro è quello del reclutamento, perché non ci sarà crescita nel nostro Paese, non solo se tutti gli attori saranno coinvolti, se cambieranno i rapporti tra istituzioni, tra istituzioni e privati e il coinvolgimento attivo dei cittadini, penso alle comunità di energie rinnovabili in questo caso, se non ci sarà anche una crescita e una capacità prestazionale migliorativa della pubblica amministrazione. Quindi, credo che questo decreto abbia centrato e possa centrare, naturalmente è un working in progress il nostro, in una accelerazione con un pilota automatico messo dal nostro Paese. È importante ricordare che la nascita di questo Governo, sostenuto da forze trasversali e anche molto distanti, ha esattamente questo obiettivo: fare di questo Paese un Paese diverso, un Paese che è in grado di competere, che è in grado di salvaguardarsi e di proteggersi dal punto di vista climatico, ambientale e non solo. Pertanto, voglio ringraziare, in conclusione, i relatori, l'onorevole Calabria e l'onorevole Morassut, la sottosegretaria Bergamini e la sottosegretaria Fontana per averci aiutato nei nostri lavori e, quindi, arrivare all'approvazione di questo decreto.